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Area Educazione civica  
Il passato ed il presente  23/12/2010 

LA RIFORMA GELMINI E L’UNIVERSITA’

Il 29 luglio 2010 il Senato ha approvato il Disegno di Legge proposto dal Governo, e la Camera ha dato il secondo sì con una votazione di 307 favorevoli e 252 contrari il 30 novembre 2010. Un Disegno di Legge è una proposta che il Governo dà in esame al Parlamento e deve essere approvato da ambedue le Camere prima di trasformarsi in Legge.

Il ddl 1905 è stato presentato dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini in concerto (ovvero insieme e con la collaborazione) con il Ministro dell’Economia e delle Finanze Tremonti, il Ministro per i Rapporti con le Regioni Fitto, il Ministro per la pubblica Amministrazione e l’Innovazione Brunetta, e il Ministro della Gioventù Meloni e rappresenta, in un certo senso, l’ultimo capitolo, del progetto di Riforma scolastica iniziato nel 2008 noto come Riforma Gelmini.

Il ddl, al centro di una serie di discussioni sia alle Camere che nelle Università, (è stato segnato infatti da circa 900 emendamenti ,ovvero proposte di parziale modifica di un DDL) , segno della delicatezza e della difficoltà che presenta affrontare una riforma che vuole unire nello stesso tempo qualità ed efficienza nella proposta didattica con la “razionalizzazione” di risorse umane ed economiche, è stato alla fine approvato e divenuto legge il 23 dicembre .

La legge presenta le norme in materia di organizzazione delle università, del personale accademico e del suo reclutamento (ovvero assunzioni), nonché della delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario stesso è suddiviso in 3 TITOLI (ovvero capitoli che regolano aspetti diversi di una stessa legge) per un totale di 25 articoli.

I principi ispiratori della Riforma riconoscono alle Università la funzione di essere sedi privilegiate per la libera ricerca e la libera formazione nell’ambito dei rispettivi ordinamenti in conformità ai principi costituzionali di autonomia e responsabilità.

E’ il Ministero però che “definisce i criteri per l’ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati ottenuti” nonché promuovere il diritto allo studio rimuovendo gli ostacoli all’istruzione universitaria agli studenti “capaci e meritevoli”, in base a quanto verrà risparmiata ma senza ulteriori oneri alla spesa pubblica. Inoltre è sempre il Ministero che indica obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti verificandone i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito. Il Ministero vuole garantire “una distribuzione delle risorse pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attività svolte da ogni ateneo secondo il principio della coesione nazionale.” La coesione nazionale si basa sull’idea di sussidiarietà, per una distribuzione il più equa possibile delle risorse.

Le Università hanno tempo sei mesi per attuare le modifiche ai propri statuti secondo i vincoli e le direttive del Ministero. In particolar modo:

-         Gli organi previsti sono: rettore, senato accademico, consiglio di amministrazione, collegio dei revisori dei conti, nucleo di valutazione.

-         Al rettore spetta la rappresentanza legale dell’Università, nonché il coordinamento e la responsabilità generale della stessa. La novità è che può rimanere in carica al massimo per 6 anni, ovvero per due mandati al massimo consecutivi. Anche gli altri organi potranno stare in carica al massimo quattro anni rinnovabili una sola volta. I componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione non possono coprire altri incarichi durante il loro mandato. Il consiglio di amministrazione non dovrà avere più di 11 membri, di cui 3 esterni e fra questi lo stesso rettore e i rappresentanti degli studenti.

-         Il direttore amministrativo è sostituito dalla figura del direttore generale che avrà nelle sue mani la complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico amministrativo dell’ateneo.

Le Università statali devono inoltre modificare il proprio statuto in tema di articolazione interna semplificando l’articolazione interna stessa e riorganizzando i dipartimenti e raccordandoli in base alla discipline in modo da razionalizzare le risorse (ovvero ridurre la spesa) sia a livello di personale docente e ricercatori, che a livello di corsi: ci potranno essere un massimo di 12 facoltà per ogni ateneo. Viene a questo punto introdotta la figura del ricercatore a tempo determinato. Il numero dei ricercatori è proporzionato dal numero di docenti a contratto presenti nell’ateneo. In particolar modo è proprio la figura del ricercatore che viene toccata in quanto, per razionalizzare le risorse terminano le collocazioni lavorative a tempo determinato. La nuova figura prevede la possibilità di accedere all'insegnamento attraverso due contratti triennali: se nel corso del secondo triennio il ricercatore vince il concorso da docente associato rimarrà in seno all'università; in caso contrario non potrà più continuare l'attività accademica. L'accesso alla docenza non prevede deroghe o sanatorie per i circa 20mila attuali ricercatori a tempo determinato. Il problema è la scarsità e l’incertezza delle risorse disponibili per le carriere future dei giovani ricercatori. Per quanto concerne i professori invece, i professori ordinari (quelli a tempo pieno) dovranno svolgere attività formativa per almeno 1.500 ore nel corso di un anno solare, di cui almeno 350 dovranno essere dedicate alla didattica. I docenti a tempo determinato dovranno garantire 750 ore di attività e di queste almeno 250 per la didattica. Sarà introdotta anche una valutazione triennale per tutti i professori: se sarà negativa non verrà effettuato lo scatto di aumento di stipendio. Con il ddl approvato viene abolita la possibilità che il docente universitario si avvalga dei due anni di trattenimento in servizio. Il docente ordinario dovrà andare in pensione a 70 anni, mentre il professore associato dovrà andare in pensione a 68. In questo modo si cerca di favorire il turn over.

 

In ogni dipartimento viene inoltre istituita una commissione paritetica docenti/studenti con l’incarico di svolgere attività di monitoraggio sull’offerta formativa e sulla qualità della didattica. Questo non deve comportare maggiori oneri a carico della pubblica finanza, per questo motivo la partecipazione alla Commissione non dà luogo a compensi, indennità o rimborsi spese di alcun genere.

L’articolo 3, specifica meglio la possibilità di diverse università di confederarsi sempre in un’ottica di riduzione dei costi sulla base di un progetto “contenente in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’organico (ovvero ricollocamento del personale) e delle strutture.” Quanto viene risparmiato grazie a queste federazioni  può rimanere a disposizione dell’ateneo purchè indicato e approvato nel progetto.

Sarà istituito presso il Ministero un Fondo speciale che ha la finalità di promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti erogando buoni studio da restituire a partire dal termine degli studi in tempi che saranno proporzionali al reddito che si andrà a percepire. (art.4- fondo per merito).

Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi relativi al fondo sono a carico delle risorse finanziarie del fondo stesso. Il fondo trova le sue risorse attraverso:

-          Versamenti effettuati spontaneamente da privati

-          Fondi pubblici previsti da specifiche disposizioni

L’intero titolo II e poi successivamente anche il III prendono quindi in analisi la delega al Governo in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario introducendo un sistema di valutazione periodica basato su criteri e indicatori stabiliti precedentemente dall’ANVUR (l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca). Nel contempo vengono date disposizioni anche dal punto di vista economico/finanziario in concerto con il Ministero delle Finanze: la revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato nel rispetto dei limiti di spesa, l’introduzione di una contabilità analitica rispetto ad ogni ateneo in concerto con il Ministero delle Finanze, l’adozione di piani triennali economici sostenibili atti anche a riequilibrare i rapporti tra le diverse figure professionali presenti nelle università. Viene introdotto, infine, anche un costo unitario di formazione per studente in corso calcolato attenendosi a specifici indici.

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